Monday, August 6, 2007

se hai bisogno, chiama

le domeniche di agosto sono molto lunghe, non come a dicembre che ci si sveglia alle cinque pm sfatti e felici di poter galleggiare attraverso il pomeriggio; magari uno si sveglia alle undici ad agosto, magari si va a procurare degli scampi per lenire il dolore milanese mentre le luci della sera sembrano lontanissime.
il luogo comune della città bella perchè vuota non lo capisco ancora, farsi piacere milano deserta e coi servizi ridotti allo zero è come fare il tunnel nel montebianco: pretestuoso.
"ma si come si sta bene, la città sembra tutta tua". le città non sono mai nostre, casomai il contrario, certo è un piacere camminare per ore nelle strade deserte..ma è come attraversare il cartonato di milano che senza tutto quel rumore e quella gente impazzita rimane un pò sterile, come le quinte di quei teatrini magnetici che avevamo da bambini.
in certi posti trovi ancora qualche sperduto e sudatissimo rappresentante del genere umano intento a nutrirsi di gelato, trascinarsi per le strade o dentro i grandi magazzini aperti, isole dell'umanità che risorgerà il primo settembre, intatta e intera..compice un piacevole stordimento da primo pomeriggio ci aggiriamo nel reparto libri della fnac, tento di nuovo inutilmente di comprare una copia di american tabloid ma cercarlo ad agosto significa farsi fare un bel dito medio da orde di lettori da ombrellone molto più lungimiranti di me..affronto la fatica del piegamento ai ripiani inferiori (ho diverse teorie sul perchè siano così bassi, si va dal ritopenitenziale all'arredatore marpione che vuole vedere i culi e propendo per la seconda) e noto la fila Carver. fra me e me dico che ho già tutto, che la minimum fax in questo periodo di vacche magre è troppo per me e che potrei leggere qualcosa di diverso, che so..della roba in lingua, qualcosa che non parli di alcolici e divorzi..ma non ho voglia..non farò le ferie, mi pagano a 120 giorni e non voglio altri problemi e, che cazzo, voglio la mia pizza preferita anche se la prendo da qundo avevo 11 anni.
nell'introduzione Tess Gallagher spiega lei e i suoi traduttori di fiducia hanno trovato questa manciata di racconti in qualche cassetto, incompleti e piene di correzioni: "ray scriveva un racconto almeno 3 volte prima di considerarlo finito, c'erano miliardi di cancellature".
dev'essere stato un lavoraccio ma nelle sue parole non riesco a trovare nulla che faccia trasparire sciacallaggio o attribuzioni forzate, Tess non aveva certo biasogno di soldi, non più di quanto avesse avuto bisogno di suo marito in salotto invece che in un letto col cancro ai polmoni, ci ha consegnato invece queste 102 pagine faticosamente ricomposte, un cassetto pieno di parole già impostate e poi ricomposte da tre persone che erano la sua ombra, in tutti i sensi.
con la mia bustina sottobraccio caracollo verso pizza a pezzi per intossicarmi di olive ascolane, ognuno ha il suo modo di affrontare la fatica, il mio è ripieno.
riversa nella digestione apro il libro e comincio a leggere senza fatica, dopo cinque minuti penso che se non avessero deciso di stamparlo in copertina corpo 36 che sono inediti non me ne sarei neanche accorta, daltronde carver è monotematico come pochi: il fallimento ha sempre la precedenza, poi a volte viene la redenzione ma non riesce sempre tanto bene, quella..sono cinque racconti chiari e forti come una telefonata, al solito, che parlano di adulti stracciati,distratti e poco severi con se stessi, a volte troppo; le cose vanno a rotoli molto velocemente rendendo tutti infelici e indecisi finchè un elemento non ci fa capire che da li in poi nulla sarà più lo stesso, detto questo Ray ti sbatte i telefono in faccia e ti lascia lì a pensare quanto sei stronzo pure tu. tutto qua.
rimango a guardare la copertina un pò intontita,le olive continuano ad agitarsi nello stomaco, mi tiro su, chiudo il libro e la giornata.
daltronde "se ci si scopre a togliere quello che si è appena inserito è segno certo che il racconto è finito", già.

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